Catasto toscano poi italiano

Buste e registri 2433, 1817 – 1971

 
Il regolamento comunitativo del 20 marzo 1780, che equipara l'imposizione delle tasse tra città e campagna, attua la riforma del sistema fiscale attesa nel Granducato di Toscana da molto tempo. Fino ad allora, infatti, erano stati fatti vari tentativi di censire, catalogare e valutare i beni immobili, ma nessuno era riuscito a definire in modo chiaro ed univoco l'entità delle proprietà ed i diritti ad esse inerenti.

Dopo i fiorentini ed i napoletani [1], a Milano si cerca di realizzare un equo sistema fiscale delle proprietà immobiliari con il catasto di Pompeo Neri. Secondo il Cortese [2] esso rappresenta una vera e propria rivoluzione della storia dei catasti e costituisce il modello delle forme odierne di imposizione fiscale e di rilievo cartografico [3]. Questo sistema, realizzato concordando la funzione di mappe e registri, esercita una influenza sugli altri stati italiani tale da portare nel tempo alla creazione di ben 22 tipi diversi di catasti, suddivisi in 9 compartimenti [4].

Tra questi riveste particolare interesse quello previsto per il compartimento della Toscana, dove al tempo dell'occupazione francese si attua un vasto censimento fiscale che costituirà le basi del nuovo catasto. Il 7 ottobre 1817 Ferdinando III Lorena istituisce il Catasto geometrico particellare della Toscana, di chiara derivazione dal Cadastre parcellaire francese [5].

Sono esclusi dal nuovo catasto i territori dell'isola d'Elba, del Giglio, Capraia, Gorgona e Pianosa.

Il 24 novembre 1817 è istituita la Deputazione sopra il Catasto, composta da Pietro Paoli, Giovanni Fabbroni, Pietro Ferroni, Giuliano Frulani, Emilio Pucci, Lapo de' Ricci e padre Giovanni Inghirami delle Scuole Pie. Essa doveva soprintendere ai lavori di attivazione per il catasto, il primo dei quali fu l'aggiornamento delle mappe esistenti, con la traduzione dal francese all'italiano dei toponimi (secondo alcuni storici furono compiuti anche molti grossolani errori).

Tra il 1812 ed il 1817 si procede alla copia, lucidatura e colorazione di tutto il materiale cartografico. Le mappe sono poi verificate dalla Deputazione e riunite in atlanti secondo l'ordine previsto dalle mappe di insieme.

Le misurazioni di campagna si concludono nel 1826, mentre i calcoli per la divisione degli appezzamenti terminano nel 1829, anno in cui viene emanato il regolamento per la conservazione del catasto, col quale termina il periodo di attivazione e viene reso operativo il nuovo catasto.

L'8 maggio 1830 sono fornite ai periti stimatori le istruzioni per effettuare rettifiche sulle mappe ed è istituito il primo registro di conservazione, chiamato Registro di supplemento alla Tavola indicativa.

Sebbene la circolare del 1830 adotti per la stima la stessa misura usata a Firenze, alla Deputazione giungono presto numerosi reclami. Così il 9 dicembre dello stesso anno viene emanato un ordine finalizzato ad assicurare maggiore severità nell'inoltro dei reclami.

Dal primo gennaio 1832 sono attivati i primi catasti, quelli delle comunità di Bibbona, Campiglia, Gherardesca, Piombino, Rosignano, Sassetta, Suvereto.

Per quanto riguarda Livorno, occorre far riferimento ad una lettera del 3 novembre 1831, nella quale il Cancelliere della comunità, Gaetano Bertini, afferma che il catasto della città e del territorio di Livorno sarà attivato dopo il 1832.

Il 23 luglio 1832 iniziano i lavori di attivazione del nuovo catasto ed il 24 agosto viene chiuso il registro di impianto.

Il 26 maggio 1836 l'archivio della cancelleria comunitativa è trasferito al R. Uffizio per la conservazione del catasto ed alla sua direzione è nominato Gaetano Giorgini. Il 12 settembre è pubblicato l'elenco delle tasse prediali che ogni compartimento doveva pagare per l'anno successivo: la città ed il compartimento di Livorno pagavano 210.000 lire. Tenendo conto che Firenze pagava 230.000 lire, si comprende quanta importanza avesse in quegli anni Livorno nel contesto dell'economia granducale.

Il 27 marzo 1838 è formata la commissione per l'ultimazione del catasto ed il 27 febbraio 1840 è emessa la notificazione che autorizza l'inizio delle operazioni catastali all'isola d'Elba.

Nel 1865, il 25 maggio, si approva il regolamento di esecuzione per l'unificazione dell'imposta sui fabbricati: è l'avvio della riforma che porterà alla compilazione del catasto fabbricati, nel 1871.

Dopo le leggi del 1886 e del 1889, nel 1902 si avranno altre modifiche al regime catastale, definite poi nel 1939 con la formazione del nuovo catasto edilizio urbano.

Il riordino del fondo privilegia la divisione attuata al momento dell'impianto catastale, con la suddivisione del territorio nella parte peninsulare (10 comunità) [6] nella parte insulare (10 comunità) [7]. Sono inoltre presenti alcuni registri appartenenti a comuni della provincia di Pisa, ma limitrofi alla provincia di Livorno (Castellina Marittima, Monteverdi, Orciano, Riparbella e Santa Luce).

Nell'inventario le comunità sono disposte in ordine alfabetico, ed il materiale ad esse relativo è strutturato secondo il seguente schema cronologico e sistematico:

campione - repertorio - manuale - supplemento al manuale - supplemento al campione - matricola dei possessori - giustificazioni di volture - arroti di volture - arroti di conservazione - prospetti di volture - calcoli - cartoncini di variazione - tavola indicativa - stati di cambiamento.